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Mt. Vilco Luciani - Mt. Monica Matto Massoterapista - Idroterapista MCB - Linfoterapista Vodder
Studio professionale in Via Mocchie, 6 Torino - Metro Racconigi - tel. 335.65.13.373 - 329.74.66.092 |
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Terapie manuali per prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie dell’apparato muscolare, osteo-articolare e vascolare |
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Alcune delle problematiche più comuni trattabili con le terapie manuali
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Per pubalgia si intende un dolore insistente nella regione pubica o inguinale, probabilmente originata da un’infiammazione dell’articolazione del pube: la sinfisi pubica che, trattandosi di un’articolazione a sinfisi, non costituisce una vera articolazione mobile ma un punto di connessione tra le due parti del bacino. Leggi tutto |
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N.B. Tutte le indicazioni e le notizie fornite, hanno unicamente valore divulgativo e non costituiscono in alcun modo né indicazioni diagnostiche né prescrizione di cura, competenza esclusiva del personale medico.
Mt. Vilco Luciani P.Iva n.° 10705750015 - Mt. Monica Matto P.Iva n.° 11079630015
Studio professionale: Via Mocchie, 6 - 10138 Torino TO
massoterapiatorino©2012 - E' vietata la riproduzione anche parziale del contenuto senza una preventiva autorizzazione del webmaster Ultimo aggiornamento: 05-04-20
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Lesioni muscolari
Qualunque attività fisica, specie se una disciplina sportiva svolta a livello agonistico anche amatoriale, può determinare situazioni di sofferenza muscolare con insorgenza di dolore ed impotenza funzionale.
Situazioni di questo genere sono spesso causate da vere e proprie lesioni muscolari causate o da traumi “diretti”, quali un contatto fisico tra atleti, tanto più grave se il muscolo riceve il colpo quando si trova in fase di contrazione, ma anche da traumi “indiretti”, determinati dall'improvviso allungamento passivo del muscolo provocato dalle leve scheletriche o da una contrazione troppo rapida a partire da una situazione di completo rilassamento.
La caratteristica comune è rappresentata dalla rottura di un numero variabile di fibre muscolari, che determina l’insorgenza del dolore, l’impossibilità di appoggiare l'arto infortunato a terra e, poiché i muscoli in attività hanno un elevato flusso sanguigno, è inevitabile che assieme alle fibre muscolari si possano rompere i vasi capillari che decorrono tra le fibre provocando una emorragia; ecco perché a seguito di una lesione muscolare si può formare un ematoma o una ecchimosi superficiale, che spesso affiora a distanza dal punto di lesione.
Altra caratteristica comune è il dolore che compare improvvisamente durante la pratica dell'attività sportiva; a seconda della quantità di fibre che si sono rotte è possibile suddividere le lesioni in forme lievi sino a forme molto gravi nelle quali il muscolo è interrotto in modo pressoché completo, dando luogo a quelle situazioni conosciute con il termine di "strappo muscolare"
Il dolore può inoltre assumere caratteristiche diverse a seconda della regione anatomica interessata, con una sensazione di tipo trafittivo o crampiforme a livello della coscia e di tipo contusivo (l’atleta riferisce la sensazione di essere stato colpito dall'esterno) nelle lesioni a carico dei muscoli del polpaccio.
L'aspetto più importante è quello di individuare sin dalle prime fasi la gravità della lesione, perché da questa dipende il tipo di trattamento e soprattutto la prognosi: è importante, quindi rivolgersi subito ad un medico specialista. In questi casi l'esame ecografico risulta di particolare utilità pratica perché consente di verificare direttamente la quantità di fibre che si sono interrotte.
Poiché la lesione è, in definitiva, una "ferita" più o meno estesa all'interno di un muscolo è importante ricordare che ogni contrazione, anche quella che si verifica con il semplice camminare, può estendere il danno. Per tale motivo il riposo e la sospensione dell'attività sportiva sono molto importanti e vanno rispettati sino alla scomparsa dei sintomi più eclatanti. L'applicazione locale di ghiaccio per i primi due giorni consente, inoltre, da un lato di ridurre il dolore e dall'altro di bloccare l'emorragia presente.
Particolarmente utile un ciclo di Drenaggio Linfatico Manuale (detto anche Linfodrenaggio) che, determinando l’accelerazione della corrente di flusso linfatico, favorisce il drenaggio della linfa ristagnante e, con essa delle sostanze ad azione irritante che impediscono la detersione della ferita mentre, con l’arrivo di linfa “fresca” giungono nella parte lesa anche principi nutritivi con azione plastica e ricostruttiva sul tessuto. Sviluppa inoltre un importante effetto antalgico, che si esplica soprattutto sulle contratture muscolari, sugli strappi e sulle distorsioni, cui si associa anche l’effetto antiedematoso. I movimenti del massaggio, così lenti e ritmati, producono un effetto sedativo e rilassante, favorendo in molti casi il sonno fisiologico.
Il massaggio drenante ottiene inoltre lo scopo di migliorare la motilità intrinseca dei vasi, agendo sull’efficacia dello svuotamento del linfangione e sulla ripresa della ritmicità delle contrazioni della sua muscolatura liscia. Liberando i tessuti dal liquido interstiziale in eccesso, si ottiene una migliore ossigenazione cellulare ed un’accelerazione dei processi di filtrazione-assorbimento a livello capillare sanguigno.
La ripresa sarà possibile solo quando sarà avvenuta la completa riparazione del danno con una cicatrice fibrosa; il muscolo, infatti, guarisce non riformando se non in minima parte tessuto muscolare, ma un tessuto cicatriziale che è comunque in grado di svolgere un’efficace funzione riparatrice. In alcuni casi meno fortunati, soprattutto dopo un trauma contusivo, in corrispondenza dell'area di lesione si può formare una calcificazione muscolare che è ben visualizzabile sia con l'ecografia che con un esame radiografico.
I tempi di guarigione cambiano molto a seconda dell’entità del danno e possono variare da circa una settimana per le forme più lievi ad oltre due mesi per quelle più gravi. Prima di riprendere a pieno ritmo l'attività sportiva è necessario praticare un periodo di rieducazione funzionale che ha lo scopo di riadattare il muscolo agli sforzi più impegnativi.
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Stress ed ansia
Lo stress (tensione nervosa, logorio) minaccia la salute e la qualità della vita dell’uomo in tutto il mondo industrializzato; la scienza ha dimostrato che lo stress innalza la pressione arteriosa fino a danneggiare il cuore e le arterie, logora il cervello, abbassa le difese immunitarie, indebolisce la fertilità e la potenza sessuale, altera la respirazione e favorisce l’insorgenza di ansia e depressione (stato d'animo caratterizzato da profondo avvilimento e tristezza).
Lo stress determina una tensione muscolare che può bloccare lo stato di benessere della persona, che non sarà in grado di percepire le sensazioni con la stessa intensità di quando si trova in uno stato di completo relax. A causa dei ritmi frenetici a cui siamo sottoposti, il cervello è sempre più attivo e può faticare a rallentare i propri cicli, con rischio di insorgenza di stress, insonnia (disordine del sonno), disturbi della memoria e della concentrazione, malattie psicosomatiche quali l’asma bronchiale, l’eczema, la colite ulcerosa, l’ulcera gastro duodenale, l’ipertensione arteriosa ed anche malattie neurodegenerative quali: Alzheimer, Morbo di Parkinson, sclerosi multipla, demenza senile su base aterosclerotica.
L’eccessiva attività cerebrale porta a porre maggiore attenzione all’esterno impedendo l’ascolto dei bisogni del nostro corpo che, se correttamente stimolato, è in grado di auto produrre farmaci (endofarmaci o endorfine) più potenti e specifici di quelli prodotti dalle industrie farmaceutiche e totalmente privi di effetti collaterali.
Le endorfine sono sostanze chimiche prodotte dalla ghiandola pituitaria (ipofisi) e dall'ipotalamo e, in misura minore, da altri tessuti; tali sostanze sono dotate di elevati poteri analgesici ed eccitanti con proprietà biologiche molto simili a quelle della morfina e degli oppiacei. Il termine deriva appunto da endogeno (ciò che si genera internamente a una cellula o a un organismo) e morfina volendo con esso indicare una sostanza morfino-simile prodotta all'interno del corpo.
Il mondo scientifico iniziò a interessarsi delle endorfine negli anni '70 allorché si scoprì che il sistema nervoso centrale era dotato di specifici recettori per sostanze morfino-simili; la presenza di tali recettori fece ritenere che l'organismo umano fosse quindi in grado di sintetizzare tali sostanze che furono in seguito identificate e, basandosi sulle loro peculiari caratteristiche, chiamate endorfine.
Le endorfine sono coinvolte in numerosi processi tra i quali la regolazione del ciclo delle mestruazioni, la regolazione della temperatura corporea, la regolazione dell'umore, la produzione ormonale, la regolazione dell'appetito, le funzionalità relative all'apparato gastrointestinale (secrezioni digestive e pancreatiche, motilità intestinale ecc.), la regolazione del sonno, la percezione dolorifica (le endorfine aumentano la tolleranza agli stimoli dolorifici), le reazioni a eventi stressanti sia di tipo fisico che psichico.
Sono presenti nei tessuti degli animali superiori, e vengono rilasciate a seguito di stimolazioni dell'organismo, in particolari condizioni ed in occasione di attività fisiche prolungate; bodybuilders, runners e/o atleti di livello avanzato sono dipendenti dell'allenamento intenso che causa grande rilascio di endorfine; anche una forte emozione determina il rilascio di endorfine.
Le endorfine svolgono un’azione calmante e innalzano la soglia di percezione del dolore. L'aspetto più affascinante ed interessante delle endorfine risiede nella loro capacità di regolare l'umore. Il sistema nervoso è collegato a tutti i punti della pelle attraverso i nervi che si dipartono dal midollo spinale, racchiuso nella colonna vertebrale; per stimolare la produzione di endorfine è particolarmente importante massaggiare la muscolatura adiacente alla colonna vertebrale.
Massaggiando la schiena, le endorfine possono raggiungere tutte le zone del corpo e grazie alle proprie qualità, hanno la capacità di regalarci piacere, gratificazione e felicità aiutandoci a sopportare meglio lo stress.
Il Massaggio Antistress, grazie alle sue proprietà rilassanti, permette il ripristino di un corretto funzionamento autocurativo dell’organismo.
Il massaggio antistress eliminando la tensione muscolare sposta il S.N.A. (Sistema Nervoso Autonomo) dal dominio del simpatico (tipico dello stress) a quello del parasimpatico (tipico del rilassamento e della rigenerazione neurale e cellulare), favorisce una respirazione più profonda e permette di recuperare la consapevolezza del proprio corpo; è il mezzo più efficace per riottenere e preservare il corretto equilibrio psico-fisico.
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Lombalgia
La porzione lombare della colonna vertebrale è costituita da 5 segmenti ossei, detti vertebre lombari, sovrapposti tra loro e distanziati l’uno dall’altro mediante i dischi intervertebrali, che sono dei cuscinetti fibroelastici che fungono da ammortizzatori; le vertebre si articolano tra loro mediante i processi articolari posteriori. A dare stabilità a questa delicata impalcatura ossea contribuiscono numerosi legamenti intervertebrali, posteriormente alla colonna i muscoli paravertebrali ed anteriormente i muscolii addominali.
La Lombalgia acuta o “colpo della strega”
Una lombalgia può essere acuta o cronica. La fase acuta insorge in maniera brusca, spesso eseguendo uno sforzo di sollevamento con il busto flesso in avanti, e si manifesta con un forte dolore accompagnato a volte da una sensazione di strappo posteriore. Tale episodio costringe l’individuo affetto a rimanere flesso in avanti e più o meno curvo da un lato e viene chiamato comunemente “colpo della strega”.
La causa del colpo della strega è una distrazione dei muscoli paravertebrali lombari, dovuta molte volte ad un’esagerata sollecitazione a freddo.
La lombalgia cronica
La lombalgia cronica invece si manifesta con un dolore a livello lombare che dura parecchi giorni o mesi, di intensità variabile, che generalmente diminuisce durante l’attività fisica o sportiva, per poi aumentare al termine di essa, o in altri casi aumenta all’inizio dell’attività in maniera tale da impedirla. Le cause più frequenti di lombalgia cronica dello sportivo:
Le problematiche muscolari sono quasi sempre riconducibili ad insufficiente o ad errata preparazione atletica.
Oltre a queste che sono le cause che ritroviamo nel soggetto sano, giovane, sportivo, vi possono essere cause meno frequenti, di natura patologica, che sarà il medico specialista ad evidenziare, come una discopatia degenerativa, artrosi , spondilolisi o spondilolistesi, ernia del disco.
Ecco perché in presenza di una lombalgia che dura da più di 15-20 giorni è bene sottoporsi ad un controllo specialistico, soprattutto per escludere la presenza di cause patologiche.
Il trattamento del “colpo della strega”, si basa sul riposo assoluto a letto per un periodo di 2-4 giorni, assumendo farmaci miorilassanti e antinfiammatori consigliati e prescritti dal medico; una volta diminuita la sintomatologia dolorosa acuta si potrà iniziare un trattamento decontratturante.
Il trattamento della lombalgia cronica dello sportivo, in assenza di cause patologiche, prevede ripetuti periodici trattamenti di massaggio decontratturante, ma anche una ginnastica specifica che rappresenta inoltre il presupposto fondamentale per prevenire eventuali recidive. Gli esercizi sono mirati all’allungamento dei muscoli paravertebrali posteriori e dei flessori della coscia e al potenziamento degli addominali.
In caso di sovrappeso, occorre cercare di tornare gradualmente al peso forma, evitando drastiche diete di breve durata che spesso determinano un effetto opposto dopo poco tempo.
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Sciatalgia o sciatica
Il nervo ischiatico (o sciatico) è un nervo misto che origina dal plesso sacrale, formato da fibre provenienti da tutti i nervi del plesso (L4, L5, S1, S2, S3); è il nervo più voluminoso del plesso ed è considerato il suo ramo terminale.
È formato da due contingenti di fibre che decorrono separate all'interno di esso e alla fine si dividono nei due rami terminali; la componente motoria innerva i muscoli della loggia posteriore della coscia, parte del grande adduttore e tutti i muscoli della gamba e del piede, la componente sensitiva innerva la cute posteriore e anterolaterale della gamba e quasi tutta la cute del piede (a eccezione della parte dorsomediale).
La sciatalgia, comunemente definita sciatica (o sciatica vera), è una nevralgia da irritazione del nervo ischiatico che si manifesta con dolore superficiale e profondo, intenso e trafittivo lungo il decorso del nervo e delle sue branche terminali: all’inizio localizzato nella zona lombare, poi in quella glutea; infine nella fase regressiva nelle regioni alte dell’arto.
La sciatalgia è un dolore lombare molto fastidioso ed invalidante che dalla natica arriva alla parte posteriore della coscia, al polpaccio e persino alla parte esterna del piede, sostanzialmente la sciatica è l'infiammazione del nervo che permette il controllo dei movimenti della gamba.
Il dolore costringe il paziente all’immobilità e ad atteggiamenti antalgici (decubito laterale sul lato sano, con l’arto malato lievemente flesso al ginocchio; stazione eretta sull’arto sano con il tronco flesso verso il lato malato; deambulazione a passi brevi con l’arto malato leggermente flesso mandando sempre avanti l’arto sano).
Oltre alla sciatica vera esistono altre due forme cliniche:
Il medico formula la diagnosi attraverso un esame clinico coadiuvato dall’indagine radiologica del segmento lombosacrale della colonna vertebrale.
La sciatalgia si cura efficacemente con la massoterapia, cambiamenti delle abitudini posturali se vengono riconosciuti come causa scatenanti e, in fase acuta, con l'uso di farmaci miorilassanti, antinfiammatori ed antidolorifici prescritti dal medico curante.
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Rachide cervicale
Il rachide cervicale è costituito da sette vertebre che costituiscono l'asse di sostegno del collo; vista frontalmente la colonna cervicale è rettilinea, mentre vista di lato forma una curva fisiologica a convessità anteriore detta lordosi cervicale che permette l’assorbimento delle sollecitazioni prodotte dalla deambulazione o da salti. La curvatura lordotica del rachide cervicale si forma nell’arco del primo anno di vita e varia in relazione alle modificazioni delle altre curve rachidee ed in genere si fa più marcata nelle persone anziane. La colonna cervicale è avvolta da legamenti forti, che tengono assieme i singoli segmenti vertebrali, ed è circondata da un apparato muscolare che sostiene e muove in coordinazione ed armonia la colonna e la testa, fungendo anche da leva per alcuni movimenti delle spalle e delle braccia. La cervicalgia All'origine del dolore, nella maggior parte dei casi, siamo di fronte ad un'alterazione non grave, che interessa le strutture meccaniche situate nella regione delle prime vertebre della colonna: si tratta dei muscoli, dei legamenti, dei dischi intervertebrali e delle articolazioni posteriori che garantiscono il movimento. Spesso è sufficiente, infatti, un brusco o prolungato sforzo non adeguato, o una postura non corretta a creare una lesione di queste strutture; uno stress meccanico esagerato o non corretto, rispetto a quello che queste strutture possono sopportare, provoca dolore. Spesso una causa subdola è lo stress che, provocando una contrattura della muscolatura, favorisce l'insorgenza di micro-lesioni dolenti. Altra causa possibile è rappresentata dall’Artrosi cervicale, una patologia degenerativa del rachide cervicale in cui la produzione di ossificazione e osteofiti può causare una diminuzione del diametro dei forami vertebrali, predisponendo con ciò ad un eventuale sindrome compressiva o anche ad un'irritazione nervosa; la causa scatenante è la progressiva e lenta erosione della cartilagine che ricopre le articolazioni sotto carico con insorgenza di sintomi e segni quali cefalea, dolore generalizzato, vertigini.
Il torcicollo Il termine torcicollo indica comunemente una condizione estremamente fastidiosa e dolorosa che limita fortemente i normali movimenti del capo; tale condizione è provocata dalla contrattura dei muscoli laterali del collo. I fattori predisponenti il torcicollo possono essere diversi: la contrattura può essere provocata da un raffreddamento dei tessuti muscolari (il tipico "colpo d'aria"); in alcuni casi all'origine della condizione di torcicollo può esserci un processo infiammatorio; talvolta invece può esserci un processo di tipo patologico come per esempio un'ernia del disco a livello cervicale oppure, molto spesso, il sovraccarico dell'articolazione provocato da una posizione non corretta mantenuta per un periodo di tempo eccessivo. Nella sua fase acuta, la contrattura dei fasci muscolari può essere molto intensa e il dolore può irradiarsi in altre parti del corpo come le spalle, le braccia e, nei casi più seri, anche alle dita delle mani. Il torcicollo acquisito, può essere dovuto a problemi di natura muscolare (infiammazioni dello sternocleidomastoideo), osteoarticolare (artriti, artrosi, tubercolosi), cicatriziale (in seguito a gravi ustioni del collo), oculare (astigmatismo), neurologica (paralisi spastica oppure ostetrica o poliomielitica dello sternocleidomastoideo) o patologie neoplastiche o traumatiche. In alcuni casi il torcicollo acquisito tende a cronicizzare, ripresentandosi in seguito a colpi di freddo, infezioni, sforzi muscolari o vizi posturali durante il sonno.
Il colpo di frusta Il trauma distorsivo del rachide cervicale definito anche "colpo di frusta " o "cervicalgia da contraccolpo" è una patologia traumatica della zona cervicale del rachide, provocata meccanicamente da un' iperestensione del collo, seguita da un‘iperflessione compressiva, associata o meno ad un movimento di inclinazione laterale e/o di rotazione. L'entità della lesione è direttamente proporzionale all'intensità e alla violenza dell'impatto, che insieme ai sintomi e all'esame obiettivo, costituisce la base per una corretta valutazione. Nei colpi di frusta meno gravi si hanno soltanto lesioni muscolari e ligamentose con un coinvolgimento marginale delle strutture articolari e tuttavia questi traumi non vanno sottovalutati poiché le loro conseguenze negative si possono manifestare anche nei giorni seguenti con la comparsa della classica "contrattura muscolare da riflesso protettivo". Si tratta essenzialmente di un meccanismo di difesa che il nostro corpo adotta contraendo la muscolatura cervico nucale; in questo modo vengono impediti tutti quei movimenti in grado di peggiorare la situazione ed i processi di riparazione cellulare possono procedere senza intoppi. Il risultato di tutti questi effetti si traduce in una sintomatologia caratterizzata da dolore cervicale, ronzii alle orecchie, rigidità del collo, cefalee e limitazioni nei movimenti. Se i traumi di natura muscolare, ossea e ligamentosa sono piuttosto frequenti altrettanto non si può dire per quelli a carico delle strutture nervose. Tuttavia mano a mano che l'entità del trauma aumenta le lesioni possono interessare anche il disco intervertebrale e le strutture adiacenti con la comparsa di sintomi come parestesie (formicolii), brachialgie e sciatalgie.
Nei casi più gravi si
possono manifestare anche alterazioni della colonna, dell'equilibrio
fisiologico del bacino e addirittura dell'articolazione
temporo-mandibolare.
La sindrome cervico-brachiale La sindrome cervico brachiale si evidenzia con un interessamento delle radici nervose, provocando dolore alla nuca e al braccio, fino a giungere alla mano. La cervico-occipitalgia La cervico-occipitalgia è una condizione dolorosa che origina alla nuca e la cui causa è sovente un’eccessiva tensione nervosa, che può affliggere chi guida ad alta velocità, oppure chi si mette al volante tenendo il collo e la testa troppo in avanti rispetto al busto. Tutto ciò provoca un irrigidimento dei muscoli occipitali, che bloccano il movimento delle articolazioni cervicali. Viene così irritato e infiammato il nervo suboccipitale che ci segnala il dolore.
Discopatia cervicale E' un'alterazione del disco intervertebrale (una sorta di "cuscinetto ammortizzante e distorcente" posto tra due corpi vertebrali) tale da determinare una modificazione nei rapporti tra le vertebre, e di conseguenza un danno od un’irritazione delle strutture nervose e vascolari che con queste hanno stretti rapporti (danno delle radici nervose entro il canale di coniugazione o meno frequentemente compressione del midollo spinale). Si può verificare un'erniazione discale acuta (ad esempio come conseguenza di un trauma distorsivo o "colpo di frusta cervicale"), o più frequentemente una discopatia degenerativa: tra le cause ricordiamo l'invecchiamento delle strutture discali, gli stress meccanici (posture viziate e prolungate), gli stati di tensione emotiva protratti. E' un dolore profondo e scarsamente localizzato, spesso descritto come urente e gravativo che frequentemente è avvertito sia in sede prossimale (dolore al collo e talora diminuzione della mobilità dello stesso), che in sede distale (dolore e/o parestesie-formicolio e/o sensazione di intorpidimento del braccio e della mano che seguono una localizzazione topografica diversa a seconda del nervo interessato). Radicolopatia E’ dovuta all’interessamento di una o più radici spinali da parte della stenosi; il paziente avverte una serie di alterate sensazioni in corrispondenza della regione cutanea innervata dalla relativa radice offesa con la conseguente insorgenza di parestesie, sensazione di arto addormentato, minor sensibilità agli stimoli meccanici cutanei (come la sensibilità tattile) sino a configurarsi una vera e propria estensione del dolore a partenza dal rachide cervicale, definita cervicobrachialgia. Ad esempio, la sensazione parestesia (cioè di formicolio) avvertita in corrispondenza del II° e III° dito della mano sinistra, sono verosimilmente indice di interessamento della radice di C7 a sinistra, secondo una distribuzione dermatomerica ben precisa.
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Artrosi L'artrosi, chiamata anche osteoartrosi, è una malattia cronica che colpisce le articolazioni (artropatia), di tipo degenerativo, ovvero che porta alla progressiva perdita delle componenti anatomiche che formano le articolazioni. Interessa il rachide (le vertebre) e le articolazioni degli arti, ed è caratterizzata dalla perdita della cartilagine articolare, che viene sostituita da nuovo tessuto osseo; ciò provoca dolore ed una limitazione nei movimenti. Non è ancora stato chiarito se la lesione primitiva interessi la cartilagine o l'osso che si trova appena sotto di essa.
La prevalenza
dell'artrosi è direttamente correlata all'età: è presente nella
maggioranza degli esseri umani al quarantesimo anno di età e nella
quasi totalità dei settantenni, con un picco di massima incidenza
fra i 75 ed i 79 anni. Nonostante solo una minoranza degli affetti
lamenti disturbi, l'osteoartrosi è di gran lunga la causa più
importante di dolore e di invalidità per malattie articolari. Prima
dei 45 anni è più colpito il sesso maschile, dopo tale età il sesso
femminile. La prevalenza delle lesioni aumenta con l'aumentare
dell'età.
Il tessuto
cartilagineo è poco vascolarizzato in quanto carente di capillari
sanguigni. ll nutrimento dei condrociti, le cellule che compongono i
tessuti cartilaginei, avviene tramite il fenomeno della diffusione,
un processo lento e molto meno efficace della circolazione
sanguigna. Le capacità rigenerative di questo tessuto sono
bassissime. L'osteoartrosi, può essere primaria, se Insorge, senza causa apparente, in una articolazione sana, secondaria se conseguente a traumi, interventi chirurgici, a problemi meccanici da sovraccarico funzionale o processi infettivi od infiammatori. I sintomi e i segni clinici che si presentano sono tutti localizzati nell’articolazione interessata e sono dolore, limitazione del movimento, rigidità, deformità articolare. Il sintomo principale è senz'altro il dolore che insorge dapprima solo durante il movimento articolare, specialmente dopo una immobilità di parecchie ore, al risveglio mattutino o per movimenti nel sonno, con carattere lancinante; in fasi più tardive compare anche a riposo, ed è profondo e male localizzato, favorito da un precedente abuso articolare o da cambiamenti meteorologici. La rigidità mattutina dura per pochi minuti, comunque meno di mezz'ora. La limitazione dei movimenti può comparire in fasi di riacutizzazione della malattia e negli stadi avanzati, ed è dovuta alla contrattura muscolare che si scatena come difesa dal dolore. Il riposo è consigliabile solo in caso di riacutizzazione infiammatoria, mentre al contrario è sempre utile la massoterapia decontratturante. Il massaggio, infatti, è la terapia elettiva per l'artrosi. Esso ha lo scopo di nutrire muscoli ed articolazioni con l'iperemia, oltre allo scopo antalgico e miorilassante, ottenuto allontanando le sostanze tossiche. Utili anche le mobilizzazioni articolari ed un graduale esercizio fisico per mantenere la funzione articolare; è utile inoltre correggere la postura, migliorare il tono muscolare ed eseguire corretti movimenti senza sottoporre a sforzo le articolazioni interessate. L'applicazione di calore mediante borse calde, termocoperte o bagni caldi aiuta ad alleviare la rigidità. Vanno evitati i fattori che diminuiscono la soglia di tolleranza del dolore, come lo stress, l'ansia, la depressione. Se il paziente è sovrappeso, è utile una dieta per riportare il peso il più vicino possibile al valore ideale.
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Epicondilite Per epicondilite s’intende un’affezione degenerativa microtraumatica di un tendine alla sua inserzione ossea sull’epicondilo omerale. In questa sede sono numerosi i tendini che prendono inserzione ma solo uno di questi va incontro a tale forma degenerativa. Il tendine coinvolto appartiene al muscolo estensore radiale breve del carpo. È una dolorosa infiammazione conosciuta anche come gomito del tennista, che colpisce spesso gli sportivi di questa categoria, ma riguarda anche chi sta molto tempo con gli arti superiori fermi nella stessa posizione per altri motivi (segretarie, pianisti, o chi usa molto il Computer). Deve essere ricordato, infatti, che il muscolo interessato viene sollecitato per qualsiasi movimento del polso e della mano, anche il più semplice e ripetitivo, come scrivere, digitare su una tastiera, girare una chiave, guidare. A questo livello le sollecitazioni sono alte per qualsiasi tendine proprio per il gradiente di tensione tra osso e tendine e per la notevole resistenza delle fibre che penetrano l’osso come le radici nel terreno. Oltre all’epicondilo altri distretti possono presentare queste affezioni: il gomito mediale (si parla in questo caso di epitrocleite o gomito del golfista), la spalla (tendinopatia inserzionale della cuffia dei rotatori), il ginocchio (tendinite della zampa d’oca), il piede (tendinite del tendine d’Achille). Si tratta di un disturbo di carattere invalidante, che, qualora non affrontato con la giusta terapia, può cronicizzare. Il dolore è localizzato dove queste fibre si collegano all'osso sul lato esterno del gomito o lungo i ventri dei muscoli epicondiloidei all'avambraccio. Le cause di questa tendinite possono essere o i microtraumatismi in conseguenza di movimenti ripetitivì sportivi o lavorativi o traumi diretti con successiva infiammazione dell'inserzione tendinea di questi muscoli al gomito. Si manifesta con dolore ad insorgenza subdola, con dolenzia durante l'uso combinato di mano, polso e gomito. Il dolore può aumentare la sera, dopo la giornata lavorativa. Solitamente la sintomatologia diventa più intensa per entità e durata, con maggior impaccio funzionale e riduzione progressiva dell'attività lavorativa fino ad una vera e propria impotenza funzionale antalgica. Qualunque trattamento conservativo deve essere associato a riposo del muscolo interessato (estensore radiale breve del polso) e questo significa, per l’epicondilite, evitare il movimento attivo del polso (diminuendo/sospendendo le attività sportive e lavorative) fino alla risoluzione del disturbo. Numerose sono le terapie utilizzate per combattere l’epicondilite; tra esse utile il massaggio traverso profondo a scopo antalgico ed antiflogistico, tuttavia, se non si elimina la causa microtraumatica scatenante, è probabile che qualunque tipo di trattamento determini miglioramenti transitori.
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Problematiche circolatorie e linfatiche
Edema: aumento visibile e palpabile di liquidi nei tessuti
extracellulari, può essere provocato sia da una quantità esagerata
di carico di pertinenza linfatica, sia dalla diminuzione della
capacità di trasporto del sistema vascolare linfatico. Possibili
cause: infiammatorie, meccaniche, infettive, tossiche, idrodinamiche
o neoplastiche. L'edema generalizzato dell'organismo è denominato
anasarca.
Elefantiasi (o Pachidermia): alterazione tipica dell’ultimo
stadio di un linfedema cronico, caratterizzata da enorme aumento di
volume di uno o entrambi gli arti e consistenza durissima della cute
e del tessuto sottocutaneo a causa dell’iper proliferazione delle
fibre, indotta dalla stasi proteica nel tessuto connettivo. La pelle
assume colore e consistenza grigiastra, simile a quella di un
elefante.
Fibrosi proteica: progressivo indurimento del tessuto
connettivo, tipico di un linfedema di secondo stadio. E’ provocata
dalla stasi proteica nell’interstizio, che induce un’iperproliferazione delle fibre collagene. Richiede un trattamento
intensivo con specifiche manualità ad elevata pressione ed adeguato
bendaggio di compressione.
Linfedema: si tratta di un edema linfostatico e rappresenta una patologia ad andamento cronico e tendenzialmente progressivo del sistema linfatico che perde progressivamente la propria capacità di trasportare un carico linfatico normale. Si tratta di una patologia esclusivamente linfatica e quindi un'entità patologica a sé stante, mentre ogni edema di altro tipo è da considerarsi sintomo di altre patologie.
Linfedema primitivo o congenito: patologia da insufficienza vascolare linfatica congenita che può essere determinata da ipo o iperplasia dei casi linfatici e colpisce elettivamente, nell'85% dei casi, la popolazione femminile; si suddivide in precoce o tardivo e si manifesta dopo un trauma, anche lieve, dopo un vento infettivo o anche senza causa apparente e viene diagnosticato attraverso la linfoscintigrafia.
Linfedema secondario: si parla di secondario quando l'insorgenza è conseguenza di altre cause: infezioni, iatrogenesi (effetti collaterali o complicanze dovute a trattamenti chirurgici o a farmaci), radioterapia, malattie tumorali, eventi traumatici, interventi chirurgici ecc.
Lipedema: deposizione cronica, progressiva e simmetrica di
grasso nell’ambito del tessuto sottocutaneo, tipicamente femminile o
di rado presente in uomini con gravi alterazioni ormonali (carenza
di testosterone). Interessa inizialmente gli arti inferiori, ma può
estendersi anche a quelli superiori (in particolare a livello del
cingolo scapolo–omerale), con progressione prossimo-distale (dalla
coscia tende ad estendersi verso il basso). Il piede non ne è mai
interessato. I tessuti sono particolarmente sensibili alla pressione
e traumatismi di entità anche molto lieve possono causare ematomi.
Tossine (eliminazione): è possibile distinguerne due
tipologie; le tossine endogene, cioè prodotte dal nostro corpo come
risultato dell´attività metabolica e le tossine esogene, cioè quelle
che il corpo assorbe dall´ambiente.
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Contratture muscolari
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Ginocchio Il dolore al ginocchio, termine medico “gonalgia”, è un disturbo assai frequente a qualunque età ed è un sintomo che può essere provocato dalle più svariate cause. Può comparire quale conseguenza di un trauma distorsivo, con o senza lesioni a legamenti o al menisco, in età avanzata da artrosi del ginocchio, che si manifesta con dolore di varia intensità, eventualmente accompagnato da tumefazione e che peggiora quando si sta in piedi o si cammina. Soprattutto al mattino, al risveglio può esserci anche una certa rigidità dell’articolazione, che in genere si risolve nell’arco di alcuni minuti. In uno sportivo può derivare da un’infiammazione del tendine rotuleo (ginocchio del saltatore), in cui l’infiammazione è in genere dovuta a sovraccarico funzionale e che si presenta con dolore e gonfiore nella parte anteriore del ginocchio subito sotto la rotula. La gonalgia si può evidenziare anche come conseguenza di condizioni di tipo artritico (artrite reumatoide, gotta) in cui l’articolazione colpita (la malattia di solito interessa contemporaneamente le due ginocchia) è calda, dolente, tumefatta; l’artrite reumatoide colpisce anche altre articolazioni (normalmente alle mani) e non solo il ginocchio. Tipica è la rigidità mattutina che dura a lungo, in genere più di mezz’ora. A lungo andare inoltre le articolazioni vanno incontro a deformità. Determinano gonalgia le patologie a carico della cartilagine della rotula (condropatia rotulea, nota anche come ginocchio del corridore o “dolore anteriore del ginocchio”), tipica delle ragazze e degli atleti dediti alla corsa, il cui sintomo specifico è il dolore nella parte anteriore del ginocchio che peggiora quando si sta a lungo seduti con le gambe piegate a 90° o durante percorsi in discesa, ma anche una borsite, (il ginocchio della lavandaia), l’infiammazione cioè di quella sorta di borsa contenente liquido sinoviale con funzione di riduzione dell’attrito fra ossa, muscoli e tendini. In presenza di una borsite la zona appare gonfia, calda e dolente, può esservi sensazione di rigidità quando si piega il ginocchio e ovviamente il dolore peggiora se si sta inginocchiati. Ovviamente i sintomi sono più o meno intensi e variano in funzione della severità e del tipo di patologia responsabile della gonalgia e quindi dell’interessamento delle diverse strutture del ginocchio. In generale è possibile distinguere situazioni di dolore acuto, spesso conseguenti a un trauma, e altre di dolore cronico. In caso di distorsione al ginocchio può verificarsi un danno (che può arrivare fino alla rottura) a uno o più legamenti, i cordoncini di tessuto fibroso che connettono la tibia al femore e che garantiscono la stabilità dall’articolazione (legamenti collaterali e legamenti crociati). In questi casi il ginocchio è gonfio, il dolore è intenso e viene peggiorato dal carico e dal movimento dell’articolazione che, in presenza di rottura di un legamento avrà una mobilità inusuale.
In qualunque caso
sarà il medico specialista a prescrivere la terapia più adatta.
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Cervicobrachialgia
La cervicobrachialgia è un disturbo caratterizzato da sensazione di tensione muscolare, rigidità e dolore che coinvolge innanzitutto il collo, per poi diffondersi alle spalle, agli arti superiori e alle mani, causando spesso anche un senso di formicolio e di addormentamento; si manifesta con torcicollo acuto, rigidità della regione cervicale e debolezza dei muscoli del collo, dolore cervicoscapolare, scapolare o radicolare. Il dolore, inizialmente moderato, si acuisce, fino ad estendersi alle spalle e agli arti superiori; braccia e mani possono risultare deboli, indolenzite ed addormentate e con sensazione di formicolio. Ruotando la testa si possono percepire scricchiolii e scatenare il mal di testa. Se non curata, può risultare invalidante anche per lunghi periodi. Causa della cervicobrachialgia è la compressione discale con conseguente infiammazione delle terminazioni nervose della colonna cervicale, che può originarsi da una semplice sindrome muscolo tensiva oppure da traumi (compreso il colpo di frusta), malattie reumatiche, ernie discali cervicali e possibili lesioni del sistema nervoso centrale o tumori. Ecco perché, alla comparsa dei sintomi, è sempre importante rivolgersi ad un medico specialista che possa diagnosticare l’esatta natura del disturbo e prescrivere la cura più opportuna. Le terapie manuali trovano largo impiego nel trattamento della cervicobrachialgia: esercizi di rinforzo e di stretching atti a ripristinare il regolare funzionamento e la normale attività della massa muscolare, ginnastica mirata e massaggi volti al rilassamento della muscolatura paravertebrale.
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Displasia dell'anca
La displasia dell'anca è una deformità articolare che ha inizio durante la vita intrauterina del bambino, ma continua a evolvere durante i primi anni di vita; non esiste una causa determinante nota, ma piuttosto diversi fattori di rischio che, combinandosi tra loro, possono portare alla comparsa dell'instabilità. In particolare la lassità capsulo-legamentosa, condizione in gran parte geneticamente determinata e quindi con caratteristiche di familiarità, sembra essere un elemento chiave. Altro fattore è la posizione intrauterina del feto. La displasia evolutiva si manifesta in modo differente nelle diverse età della vita. Nel neonato normalmente non produce segni o sintomi evidenti ma nel bambino che ancora non cammina l'azione della muscolatura può avere già portato ad una lussazione parziale (sublussazione) o completa dell'articolazione. Questa si presenta con un accorciamento della coscia corrispondente, con un’asimmetria delle pieghe cutanee della natica e con una limitazione dell'abduzione dell'anca interessata, ovvero una difficoltà nel divaricare. Nel bambino che già cammina, l'effetto del peso corporeo tende a lussare l'articolazione, producendo un accorciamento dell'arto corrispondente e quindi una zoppia. Il bambino è costretto a camminare sull'avampiede. Nell'adulto si possono verificare due condizioni, a seconda che l'anca sia lussata oppure no; nel primo caso i problemi sono più spesso a carico della colonna (iperlordosi) e del ginocchio (valgo), che vengono costretti ad un sovraccarico funzionale di compenso. Nel secondo caso, un’anca sublussata o centrata ma con un acetabolo poco profondo (displasia residua) può sviluppare precocemente un’artrosi severa, che differisce da quella primaria per la grave limitazione della rotazione esterna e per l'importante accorciamento dell'arto. Il paziente adulto displasico deve cercare in ogni modo di prevenire l'evoluzione artrosica, che è particolarmente rapida per le anche sublussate e per quelle centrate affette da una grave displasia residua. La regola di vita fondamentale è mantenere un basso peso corporeo evitando le attività fisiche che gravino sugli arti inferiori (per es. jogging) prediligendo invece attività che consentano di scaricare le anche. Se possibile, il nuoto è un validissimo aiuto perché permette di sviluppare i muscoli senza sollecitare eccessivamente le articolazioni. Il mantenimento di un buon tono muscolare gluteo attraverso esercizi mirati può contenere o persino neutralizzare la tendenza alla claudicazione. Il trattamento non chirurgico della displasia dell'anca è essenzialmente lo stesso che si esegue per qualsiasi altro tipo di artrite: si possono assumere integratori nutrizionali per aiutare la riparazione della cartilagine e trattamenti di massoterapia, importante per mantenere nutriti muscoli ed articolazioni grazie all’iperemia e che, inoltre, sviluppa un effetto antalgico e miorilassante, liberando anche i tessuti da cataboliti e tossine grazie all’effetto drenante.
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Cefalea muscolo-tensiva
La cefalea muscolo-tensiva, è il tipo di cefalea più frequente che di solito si presenta come un dolore diffuso, d’intensità media o moderata, che molti descrivono simile ad una sensazione di costrizione intorno alla testa. Una delle cause più frequenti è rappresentata dalle contrazioni dei muscoli delle spalle, del collo, del volto e del cuoio capelluto, magari a causa di un’emozione più intensa, per la tensione o per lo stress; altre cause possono originare da disequilibri ormonali nel sistema nervoso centrale (serotonina, endorfine ecc.). Fattori scatenanti possono essere il mantenere serrate le mascelle per stress, ansia o depressione o assumere e mantenere per lungo tempo posture scorrette. Si presenta normalmente con un dolore sordo ed intenso, una sensazione di pressione sulla fronte, sui lati e sul retro della testa, aumento della dolorabilità in corrispondenza del cuoio capelluto, del collo e dei muscoli delle spalle e talvolta con perdita d’appetito. La cefalea muscolo-tensiva è spesso difficile da distinguere dall’emicrania: a differenza di questa, tuttavia, la cefalea di solito non è accompagnata da disturbi visivi (punti ciechi o lampi di luce), nausea, vomito, dolori addominali, debolezza o intorpidimento in un lato del corpo o difficoltà del linguaggio. L’attività fisica di solito fa peggiorare l’emicrania, mentre non ha nessun effetto sulla cefalea tensiva. L’aumento della sensibilità alla luce può verificarsi, ma non è molto frequente. Poiché la cefalea è un disturbo molto comune, i suoi effetti sulla produttività nel lavoro e sulla qualità della vita in generale sono significativi; se la cefalea vi sta rovinando la vita e vi accorgete di aver bisogno di assumere antidolorifici più di due volte alla settimana, non esitate a parlarne con il vostro medico. Molte persone affette da cefalea tensiva non ricorrono all’aiuto del medico e tentano di curarsi per conto proprio; le cure “fai da te” non sono mai consigliabili e quasi mai risolutive; curare la cefalea facendo uso ripetuto degli analgesici da banco può provocare problemi, anche seri, da abuso di farmaci. Il riposo, la borsa del ghiaccio o le lunghe docce tiepide possono alleviare la cefalea e diverse strategie non farmacologiche sono in grado di diminuire la gravità e la frequenza della cefalea muscolo-tensiva cronica. E’ importante imparare a gestire lo stress, eseguire spesso esercizi di rilassamento attraverso la respirazione profonda diaframmatica, utilizzare il calore come fonte di rilassamento muscolare e controllate la postura: una postura corretta può aiutarci a ridurre al minimo la tensione dei muscoli e delle articolazioni. Sottoporsi regolarmente a sedute di massoterapia decontratturante e di massochinesiterapia è utile sia in termini di recupero che di prevenzione; il massaggio rilassa la muscolatura ed aumenta la vascolarizzazione dei tessuti stimolando la circolazione sanguigna, apportando così maggior ossigeno alla parte trattata; restituendo la fisiologica funzionalità al sistema muscolare ed alle articolazioni, risolve le tensioni ed in genere si può notare un miglioramento dello stato della postura.
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Tendinite e tenosinovite
La tendinite è l'infiammazione di un tendine e la tenosinovite è l'infiammazione della sua guaina di rivestimento, generalmente sono simultanee e la causa non è sempre conosciuta. Generalmente insorgono in conseguenza di movimenti ripetuti o eccessivi e , seppur più raramente, possono essere conseguenze di malattie sistemiche come l'artrite reumatoide, la gotta, l'insufficienza renale, ecc. Il dolore durante il movimento è il sintomo predominante, se la guaina accumula liquido compare anche gonfiore che può arrivare anche a rendere impossibile compiere il movimento. Le sedi normalmente più colpite sono la capsula articolare della spalla, il flessore radiale ed ulnare del carpo, il flessore delle dita, il tendine dell'abduttore lungo ed estensore breve del pollice ed il tendine d'Achille. La doccia dove scorrono i tendini dorsali della mano e del polso hanno dimensione ridotta e la pressione che si determina con l'attività ripetitiva può infiammare il tendine. Studi epidemiologici hanno dimostrato che ne è sottoposti ad alto rischio chi esegua ripetutamente gli stessi movimenti, esercitando una certa forza nell’esecuzione e con attività protratta per lunghi tempi. La completa risoluzione della patologia può richiedere anche molto tempo (1-2 mesi) e possono essere impiegate più terapie: riposo, immobilizzazione, mesoterapia, massoterapia e terapie fisiche (laser, ecc.).
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Stasi venosa
La stasi venosa è l'alterazione, che coinvolge prevalentemente gli arti inferiori, del ritorno dalla periferia al cuore ed ai polmoni, del sangue carico di anidride carbonica: si caratterizza con un'iniziale sensazione di stanchezza e pesantezza delle gambe, cui può seguire la formazione di edemi, con gonfiore localizzato prevalentemente alle caviglie. Una eventuale successiva comparsa di varicosità, sarà indice di uno sfiancamento delle pareti venose, che diviene particolarmente evidente a livello dei vasi superficiali in prossimità delle valvole semilunari, presenti ad intervalli regolari lungo il percorso delle vene per impedire il reflusso del sangue. In situazioni patologiche, questi punti rappresentano centri preferenziali di stasi: qui la pressione del sangue stagnante ha il sopravvento sulle tonache venose, più sottili e meno resistenti di quelle arteriose e di conseguenza, aumenta il calibro della vena, che si allunga formando caratteristiche ed tortuosità antiestetiche. Le varici, con il loro decorso cronico, evidenziano un locale danno trofico che lede non solo i tronchi venosi e le loro valvole, ma interessa anche i vicini vasi linfatici: la progressione lenta ma continua di questo quadro può essere soggetta a complicazioni ulteriori, quali il pericolo della formazione di trombi o la comparsa di ulcere locali. Una corretta impostazione di vita, con precise regole igieniche, può prevenire o contenere il danno meccanico alle pareti venose: innanzitutto occorre evitare un'eccessiva sedentarietà, abituandosi a compiere quotidianamente una passeggiata. Il leggero esercizio muscolare derivante dal camminare, favorisce la circolazione sanguigna e di conseguenza la spinta di ritorno del sangue venoso verso il cuore. Per alleviare il senso di pesantezza è utile riposare mantenendo gli arti leggermente sollevati per favorire la circolazione sanguigna. Un medico specialista angiologo potrà effettuare una corretta valutazione della situazione ed eventualmente prescrivere la terapia adatta che può prevedere anche il linfodrenaggio metodo Dr. Vodder.
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Pubalgia
Per pubalgia si intende un dolore insistente nella regione pubica o inguinale, probabilmente originata da un’infiammazione dell’articolazione del pube: la sinfisi pubica che, trattandosi di un’articolazione a sinfisi, non costituisce una vera articolazione mobile ma un punto di connessione tra le due parti del bacino. Questa infiammazione porta a dolori acuti o cronici nella zona inguinale che possono irradiarsi lungo la fascia antero-mediale della coscia in cui, molto spesso, i muscoli adduttori sono coinvolti e la loro contrazione provoca dolori accentuati. Le cause della pubalgia sono molteplici, in genere vengono suddivise in due gruppi: da sovraccarico o per problemi di biomeccanica. Il sovraccarico può essere indotto da errori nel training in cui la preparazione atletica viene eseguita su superfici poco elastiche o disomogenee o a causa del ritorno all’attività fisica dopo un lungo periodo di stop, o dall’aumento dei carichi di lavoro in modo troppo rapido o da allenamento con equipaggiamento non adatto. Per problemi di biomeccanica si intende l’insieme dei disturbi meccanici dell’apparato osteo-muscolare (piede piatto, ginocchio valgo o varo, scoliosi, asimmetria di bacino, iperlordosi lombare, artrosi d’anca, ecc, ), i meccanismi di corsa o di cammino non corretti, l’eccesso di rigidità della muscolatura di cosce, bacino e schiena, le asimmetrie muscolari. Anche le donne in gravidanza possono incorrere in questi problemi: durante la gravidanza infatti è prodotto un ormone con funzione di rilassamento dei legamenti, allo scopo di preparare il bacino al parto, rendendolo più mobile; facile quindi che insorga una pubalgia da eccesso di movimento tra le due parti del bacino, destinata solitamente a risolversi spontaneamente con il parto. La pubalgia provoca una riduzione delle performance dello sportivo che andrà a creare altri compensi, e di conseguenza altre problematiche, per sopperire alla mancata mobilità del bacino. Se il dolore al pube e agli adduttori non deriva da un trauma acuto (come uno stiramento muscolare o una contusione) bisognerà valutare le strutture interessate per capire da dove parte questo problema, con la collaborazione di più figure: il medico specialista, il massoterapista, il fisioterapista ed il preparatore atletico, per individuare le cause e trattarle con i mezzi a disposizione di ciascuno, creando inoltre un programma di recupero muscolare e sportivo adeguato e non aggressivo. Il trattamento della pubalgia può prevedere vari tipi di intervento: terapie manuali, rieducazione posturale, massoterapia e terapia fisica.
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